Pellegrinaggio in Terra Santa

Le testimonianze di Suor Valentina del St. Joseph’s Hospital e dei cooperatori Onu

Le parole di Suor Valentina Sala e Andrea De Domenico

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GERUSALEMME – Nel pellegrinaggio di comunione e pace in Terra Santa, la prima serata ha visto diversi interventi di testimoni: suor Valentina Sala, superiora delle suore di San Giuseppe dell’Apparizione che gestisce l’ospedale  Saint Joseph a Gerusalemme Est e Andrea De Domenico, capo dell’Ufficio Ocha per il coordinamento degli affari umanitari dell’Onu per i territori palestinesi.

Un sorriso magnetico, una donna dolce e forte a un tempo: è suor Valentina Sala, superiora delle suore di San Giuseppe dell’Apparizione. La incontriamo con semplicità giovedì 13 giugno presso l’Hotel di Gerusalemme che ospita i pellegrini arrivati il giorno stesso dall’Italia. La sua congregazione gestisce il Saint Joseph a Gerusalemme Est (nella parte palestinese e araba) e lì qualche anno fa suor Valentina ha aperto il reparto di maternità che è presto diventato una struttura di alta qualità della città, nota per il parto in acqua.

L’ospedale, che ha solo personale arabo, sotto l’impulso di suor Valentina ha aperto anche all’assistenza di mamme ebree ed è così diventato un punto di incontro, di conoscenza e di reciproca accettazione. «Sister, sono i nostri nemici e dovremmo aiutarli con i loro bambini?» oppure «Sister, io non li voglio neanche vedere»: sono queste le prime reazioni di fronte all’interesse da parte di famiglie ebree. Con tenacia e dolcezza insieme lo scoglio viene superato e lo sguardo reciproco, il contatto con le persone, il riconoscimento della comune umanità fanno superare l’odio e i pregiudizi. Per dare testimonianza di questo percorso controcorrente suor Valentina ha portato con sé due giovani mamme, anch’esse italiane e cristiane cattoliche, una sposata con un ebreo e l’altra con un palestinese cristiano ortodosso.

Entrambe hanno partorito al Saint Joseph, sono amiche e collaborano per superare divisioni e contrapposizioni. Federica, ligure e giornalista, si occupa di peacebuilding nel campo educativo mentre Lucia, violoncellista, attraverso la musica cerca di creare ponti e dialogo fra diversi. Accettano insieme la difficile sfida di «non competere con le narrative», di «guardarsi in faccia» e di non schierarsi per vivere invece il «sacrificio di stare nel mezzo», di sentirsi «tirare» da entrambe le parti. Abitare il «tra» accettando la complessità e rifiutando le comode e rassicuranti risposte «semplici» a una situazione difficile che il 7 ottobre ha purtroppo esasperato e ha reso tragicamente complessa la convivenza in reparto.

Benvenuti in Terra Santa (che non è il Paradiso…) ci dicono, dove la speranza di una possibile svolta di pace è sempre più debole… e ci lasciano con un appello: evitate la polarizzazione, molto comune nella cultura, nei media e nella politica occidentali, perché non aiuta per nulla chi, come loro, nonostante tutto lotta per il dialogo. A noi che le abbiamo ascoltate rimane la forte sensazione che la pace scoppierà proprio qui e sarà grazie alle donne, donne proprio come queste: madri, compagne, sorelle risolute, unite e perseveranti, capaci di vedere uno spiraglio di luce anche nella tenebra più fitta.

Giulio Boschi, Movimento dei Focolari

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