In questo nostro pellegrinaggio di condivisione e di pace, qui nella sua terra come ovunque nel nostro camminare quotidiano, vogliamo seguire i passi di Gesù. Questo ci chiede di non restare nella stolta sicurezza dei parenti di Nazareth, di non giudicare a partire dalle reti e dalle barche di sempre, di liberarci dalla disillusione pratica di aver già provato inutilmente tante volte, di non guardare il mondo come i sapienti e gli intelligenti ai quali rimane nascosto il segreto del regno, capito invece dai piccoli che sognano, che guardano il prossimo con compassione, che non si rassegnano perdendosi nei labirinti inutili dei loro pensieri. Ieri abbiamo celebrato la piena comunione di Gesù con noi e con il Padre, il suo donarsi interamente ai suoi e alla volontà di Dio, l’unico modo per affrontare il male con l’amore, che è il solo a sconfiggerlo. Lo abbiamo capito ieri anche ascoltando tanti compagni di strada di questa terra in un pellegrinaggio che visita le persone e i cuori, e in questi vede i luoghi della stessa passione di Gesù. Oggi. Solo così capiamo la scelta della pace e vediamo la luce che vince sulle tenebre, tradimento della vita. Siamo la piccola famiglia di amici di Gesù, che seguono Lui e si misurano con la croce, con il potere terribile del male, dell’odio che acceca la mente, del disprezzo pratico della vita, dei muri innalzati nei cuori. “Io sono per la pace, ma quando ne parlo, essi vogliono la guerra” (Ps 119,6): è l’esperienza di tanti credenti travolti da questa pandemia.
Oggi ci troviamo al centro di tutto, dove il sangue del Figlio di Dio – scandalo per tutti e fondamento della nostra fede – raggiunge ogni Adamo. Non c’è resurrezione senza restare sotto la croce, senza farsi interrogare personalmente, nelle viscere, dalla sofferenza. I discepoli non seppero vegliare davanti a un dolore grande. Scappano, pensando così di scaricarsi le responsabilità, di attribuirle a qualcuno, di pianificare qualcosa, a discutere e basta su di chi è la colpa, ad accusarsi con i confronti, a coltivare l’odio, ad accarezzare la spada che così poco rimettiamo nel fodero. Non sanno mettere da parte il proprio ego per scegliere la vita, cioè stare con Gesù e fare come lui. Cos’è la Chiesa? La madre che resta e un discepolo che sotto la croce solo per amore piange con lei. Bisogna restare, in silenzio, ascoltando, pregando, affidandosi al Padre e soprattutto restare, esserci, capire la sofferenza dell’altro e farla propria. Solo così inizia la pace. Si ricomincia da qui, solo così inizia la pace, perché questa viene affrontando il male non evitandolo, non restandosene in pace, ma vivendo il dolore come il proprio. Ieri la mamma di Hersh, giovane ostaggio dal 7 ottobre scorso, ci ha affidato il suo dolore, dicendo che si unisce a quello per i tanti innocenti che sono uccisi a Gaza. Solo se due dolori diventano un amore unico, solo se le lacrime sono tutte uguali troviamo la via della pace, che inizia anche dentro di noi. Bisogna restare perché non basta qualche consiglio a distanza per capire ed essere capiti. Esserci sotto la croce fa la differenza e promuove davvero la pace. Sembra inutile, forse i discepoli avranno sentito rimbombare il grido “ha salvato gli altri, salvi se stesso, faccia vedere chi è”, grido che certifica l’inutilità di perdersi amando, avranno rimpianto le barche oppure saranno andati a cercare nuovamente la spada per difendersi. Eppure la luce della pace inizia solo così, capendo la tragedia del male, delle tante complicità, l’abisso di sofferenza con la loro storia antica e recente, ma sempre scegliendo che il suo dolore sia il mio. La risurrezione non appare senza la croce, bensì la include. Lasciamoci anche noi “trafiggere il cuore” (cfr At 2,37), alla maniera di coloro che per primi udirono la predicazione di Pietro nel giorno di Pentecoste.
Qui capiamo dove sta la verità circa il bene e il male ma anche che il male non ha l’ultima parola, che l’amore è più forte della morte, che il nostro futuro e quello dell’umanità tutta è nella volontà di Dio che diventa la nostra volontà di pace. In questi giorni contempliamo l’amore per abbattere ogni muro di divisione dentro il nostro cuore e, come sappiamo, se il nostro cuore è in pace tanti inizieranno a vedere la pace intorno a noi. In ogni persona lo stesso volto sfigurato, quello in cui sembra non esserci niente di umano, mentre è il più umano di tutti, e che guardandolo ci rende umani, persone. Il dolore diventa preghiera, fare nostro il grido di un’umanità profondamente ferita per uscire dalla logica dell’inimicizia, da quella che produce inimicizia e alza i muri, capire e scegliere quella del pensarsi insieme. Se non vediamo la croce, le croci, le guerre, i volti, le storie, le torture, le armi, non capiremo mai per davvero, resteremo innamorati della nostra idea e non del Vangelo di Gesù crocifisso per la vita. È dalla preghiera che inizia un nuovo modo di parlare, di conoscere, di capire la vita. Solo la preghiera ci libera dalla paura perché nella preghiera ci uniamo ad un amore che ha vinto il male e ci libera dall’odio. Possiamo dire che siamo per la pace solo se coloro che sono per la guerra non hanno potere su di noi e se non ci lasciamo prendere in nessun modo dalla folla che grida contro. Combattiamo il male lasciandoci condurre come agnelli ed esserlo. Perché, come ha detto ieri il papà di uno degli ostaggi, “vedendo Papa Francesco ho visto gli occhi di mio padre, di un amico”, così crediamo che tanti lo potranno dire di tutti noi e che chi soffre possa vedere e sentire in noi il prossimo, il più caro. Disarmiamo i nostri cuori, puliamo con le lacrime di chi soffre, per capire e scegliere la via della pace. Nella scelta non violenta, disarmata, ma di totale comunione e condivisione, affidiamo tutta la nostra speranza per il futuro, scegliamo la sua via proprio come nell’ora delle tenebre Lui affidò il suo spirito nelle mani del Padre. Qui possiamo combattere anche dentro di noi il duello tra la vita e la morte e vincerlo scegliendo l’amore per Lui, tra di noi, liberandolo dall’odio, terribile, profondo, paralizzante, che secca i cuori e arma le mani, che semina inimicizia e nutre una memoria distorta di giustizia. Qui, Signore, prendiamo con noi il dolore di tua madre e diventiamo suoi figli e tuoi fratelli per aiutarti a mettere pace, anzitutto con l’ascolto rispettoso e la preghiera. Signore Gesù, insegnaci a scegliere sempre la vita del perdono per non finire schiavi dell’odio, della violenza, della vendetta. Solo scegliendo Te scegliamo la parte della pace, l’unica che fa di due una cosa sola.