Devastante, la guerra continua con morti, distruzione e odio. Pensieri e preghiera rimangono sopraffatti, solo un grido che chiede al Signore ciò che gli uomini non sanno darsi. C’è poi un fronte di guerra che attraversa la Cisgiordania e i Territori occupati da Israele, dove si allarga la separazione tra arabi ed ebrei. I primi sono musulmani e cristiani sempre più esasperati e estremisti mentre i secondi sono soldati e coloni sempre più incattiviti. Sempre meno il terreno di mezzo.
Alcuni nostri cristiani di Ramallah sono nel terrore. Sul cellulare dei messaggi di notte da coloni israeliani sconosciuti: “Hai cinque minuti per andartene, scappa se vuoi salvarti”, “Ti conosciamo e sappiamo tutto di te, scappa”. Più a nord, sono gli stessi militari a far sapere: “Avrete un corridoio per passare incolumi se andrete in Giordania”. Si semina il panico per creare un trasferimento che non conosca ritorno. Intanto coloni armati fanno incursioni o sparano per impedire la raccolta delle olive. La lista dei morti cresce sempre e la gente non può distinguere tra minaccia e rischio effettivo. È un’operazione ben nota nella storia palestinese che ancora ricorda e vive la Nakba, “la catatrofe” e figli e nipoti dei profughi palestinesi del 1948 conservano le chiavi di case che non gli saranno mai più date indietro.
Dall’altra parte, nel mondo ebraico, si vive similmente di paura e senso di accerchiamento che i governanti cavalcano. L’ombra dell’Olocausto, dello sterminio nazista in Europa, acceca e dispera. Tutti hanno qualche parente morto nei campi di sterminio e oggi percepiscono un nuovo bivio tra vita o morte. Le immagini dell’attacco di Hamas del 7 ottobre o dei suoi rifugi a Gaza adesso distrutti dominano le tv e oscurano la percezione degli oltre 10.000 palestinesi morti per i bombardamenti in atto.
In questa guerra si gioca anche l’identità più profonda di ebraismo e islam, la loro dimensione più spirituale e capace di umanità.
Anche i cristiani del nostro villaggio sono esposti al vento dell’odio, la guerra butta tutti nelle braccia dell’estremismo. Come restare attaccati al Vangelo? Come leggere la Bibbia e le sue guerre? Come pregare e vivere l’Eucaristia? È un tempo che provoca un allontanamento o un rafforzamento della fede. Urgono spazi in cui le anime si riposino e nutrano, e possano emergere le testimonianze di uomini e donne che nonostante tutto vivono nella mitezza della Croce salvifica.
In quel silenzio da tanto frastuono di odio potrà essere anche ascoltata la parola di ebrei e musulmani che si oppongono, che cercano di frenare la corsa verso il baratro. In certi momenti non è il numero a valere ma la voce di qualcuno capace di riflettere quella di Dio. Un piccolo lumicino di pace e responsabilità, come le bandierine nel cimitero di Montesole. O come un libro importante, tradotto da due nostri fratelli, dove ebrei e arabi indicano come rileggere le rispettive tragedie per comprendersi e non per eliminarsi (Bashir – Goldberg, Olocausto e Nakba, ed. Zikkaron).
Paolo Barabino della Piccola Famiglia dell’Annunziata