Questa domenica ci mostra con evidente chiarezza i due movimenti della vita: gioia e sofferenza; vittoria e sconfitta, speranza e delusione, inizio e fine, unione e divisione, amore e male. Gesù re e Gesù sconfitto. Siamo al termine di una Quaresima che tanto ci ha fatto passare dall’esistenza alla storia, che ci ha resi consapevoli, forse come non mai, del gemito della creazione e delle creature, che anelano alla gioia che non finisce, alla vittoria sul male, al compimento della speranza, ad un inizio che non veda la conclusione, ad essere una cosa sola tra loro e con Dio.
Sentiamo tanta amarezza per non poterci riunire con le nostre comunità! Non ci abitueremo mai a questa assenza, anzi, capiamo quanto abbiamo bisogno della comunione con la Parola e con il Corpo di Gesù e con il Corpo di Gesù che è la Chiesa, i fratelli! E’ una scelta amara che non è certo frutto di pavidità, ma di responsabilità per evitare sofferenze e situazioni pericolose per sé e per gli altri. Speriamo, questo sì, che possa terminare presto.
L’assenza ci spinge a cercare l’essenziale ed a fare crescere tra noi la comunione di spirito, non digitale, che dona anima alle nostre relazioni. Tutto è grazia, sempre, anche nella disgrazia, perché si rivela qual è la forza di Dio: “Volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte”. Gesù entra nelle nostre case perché possiamo aprirci al suo amore, crescere, fiorire come fioriscono gli alberi, come fiorisce chi viene amato. Sono giorni segnati da tanta sofferenza, a volte cupi, nonostante la bellezza del creato e della primavera, surreali, che sembrano infiniti e che stordiscono. La malattia ha spento la vita di tanti (i nomi li ricorderemo questa sera al Rosario, perché sono persone e non numeri) ed ha seminato dolore e solitudine.
Capiamo che non si può mai lasciare nessuno solo! Si rivelano anche le conseguenze di tante complicità con il male, lontane e recenti, perché “non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato”, perché pensavamo di “rimanere sempre sani in un mondo malato”.
E il domani richiede riparare il mondo, ad iniziare da aiutare chi è vittima più debole di tante ingiustizie. Ma in questi giorni abbiamo visto anche la grandezza di persone che non si arrendono, che amano e difendono la fragilità delle vita. Le ricordo sempre con le parole di Papa Francesco: “Persone comuni – solitamente dimenticate –che stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. La preghiera e il servizio silenzioso: sono le nostre armi vincenti”. Sì, preghiera e servizio vincono.
La passione di Gesù ci chiede di diventare persone interiori, cioè che maturano una scelta profonda, non superficiale o legata al momento. Lasciamolo entrare nella terra buona del nostro giardino perché dia frutti.
Lui viene e nessuno è solo e nessuno si senta dimenticato, soprattutto chi è isolato o ammalato. Gesù ci chiede con la sua passione: mi aiuti a vincere ogni male con l’amore anche quando l’emergenza finirà? Scegli di stare con me vivendo non più per te stesso, malinconico e possessivo, rassegnato e aggressivo, ma amato e pieno di amore da donare al prossimo? Scegli di rendere migliore questa casa comune, il nostro villaggio globale, che abbiamo visto quanto soffre e quanto è ingiusto?
Gesù è così diverso dai re di questo mondo e dai tanti che li copiano, re perché fanno pagare agli altri, che piegano tutto al proprio interesse, che impongono se stessi, che cercano di essere serviti e non di servire, che si credono grandi per quello che hanno e non che sono. Gesù esalta gli altri e non se stesso.
Il suo amore ci fa capire da che parte sta Dio e lo ringraziamo perché fa sua la nostra fragilità, prende su di sé tutti i virus. Abbiamo capito fisicamente essendo tutti colpiti e tutti come dei sopravvissuti. Seguendo Lui entriamo di nuovo anche noi nella nostra città, perché il suo amore ce la fa vedere in maniera diversa e ci porta dove noi non andremmo. Prepariamo già da oggi nei piccoli gesti un tempo migliore e seguiamo in questi giorni il Signore, leggendo la sua passione e chiedendoci dove siamo noi.
Il ramo di ulivo o di qualsiasi arbusto significa anche che tutto può diventare segno di accoglienza e di protezione, ognuno il suo, come può. Siamo noi stessi rami che accolgono e seguono Gesù, vero Re, mite e umile, che ama fino alla fine.
Diventiamo noi segni di pace e di amore con la nostra vita, debole com’è, grande se umile e grande nei gesti piccoli di servizio al prossimo, essendo suoi, cristiani, amati da un uomo così che “davvero è Figlio di Dio”.