Omelia per la celebrazione diocesana della Giornata del Malato

In questa domenica chiediamo al Signore, con l’intercessione della Vergine di Lourdes, di guarire i nostri fratelli che sono nella malattia e di insegnare a tutti, in particolare a noi cristiani che abbiamo conosciuto il suo amore e siamo chiamati da Lui a viverlo, ad essere vicini a chi piange, a consolare chi soffre. Soffrono certamente le persone che sono colpite dalla malattia nel proprio corpo, ma soffrono anche quanti le amano e vorrebbero togliere loro il dolore. Chi ama non può vedere la persona amata soffrire. Gli uomini devono aiutarsi a togliere il dolore non la vita, perché la vita chiede sempre di non finire e di essere amata. Dobbiamo circondare la vita di tanto amore, cercare le cure palliative indispensabili per vincere il dolore non i modi per spegnere la vita! Quando è amata la vita ha sempre valore! E, purtroppo, è vero anche il contrario. Spesso la sofferenza è accompagnata dalla solitudine, perché la malattia isola e si sperimenta facilmente la tortura terribile dell’abbandono! Dobbiamo avere attenzione ad evitare l’accanimento, che sembra difendere la vita mentre è solo renderla oggetto di strumenti che la offendono, la prendono in ostaggio e la fanno soffrire inutilmente perché non ne accettiamo il suo limite. Questo è il problema: non mettere noi il limite e non illudersi che non ci sia. Sono ambedue tentazioni frutto di pensarsi onnipotenti. Quando siamo amati – e la nostra vita ha sempre diritto ad essere amata e rispettata – capiamo il suo valore anche se è ridotta ad un lucignolo fumigante. Gesù non accetta la sofferenza: ha compassione di tutti e sa capire il dolore nascosto. Il libro del Siracide che abbiamo ascoltato ci ricorda: “Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno; se hai fiducia in lui, anche tu vivrai”. I comandamenti del Signore sono quelli che Gesù ha reso chiari e definitivi: amare Dio e il prossimo come noi stessi; amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato. Questi comandamenti ci custodiranno nel senso che sono la vera scelta nello smarrimento. Gesù ci vuole rendere grandi nell’amore. Grandi, perché siamo suoi e perché siamo fatti non per fare le cose grandi che gli uomini pensano tali, e il nostro aggiornamento digitale sembra privilegiare l’apparenza, che rende invece così meschini e vuoti, ma le cose grande vere, quelle che durano, che rivelano la vera grandezza dell’uomo che sono le cose dell’amore. Ma quanta confusione c’è in giro sull’amore! Quanto restiamo, come ha detto qualcuno, alla periferia del cuore, del nostro cuore, sempre in superficie, trascinati dalle passioni che non diventano scelte proprio perché sappiamo così poco amare e impariamo così poco a farlo. Nel Vangelo di oggi vi sono alcuni aspetti importanti per capire cosa significa amare per Dio ma proprio per questo anche per l’uomo. Dio, che è amore, ci insegna ad amare per davvero e a sapere amare come possiamo e come ci realizza. L’amore non è soltanto sentirsi a posto perché non si è ucciso, ma anche se eliminiamo la divisione, il dito puntato, il giudizio che giustifica il non amare, il trattare l’altro come un colpevole. Chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio.  Dio non fa così come noi e Lui per primo con Gesù vive quello che chiede a noi: Avete udito, ma io vi dico. Dice un’altra cosa, quella che cambia tutto e che è il Vangelo che vogliamo seguire.

Oggi celebriamo la giornata del malato. Il tema proposto è: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11, 28). Gesù non chiama i potenti, i sani, i giusti, per stare sicuro Lui e non avere problemi. Anzi, chiama proprio quelli che non ce la fanno più, che sono stanchi, come chi sente l’oppressione dentro di sé, quel peso interiore che porta a non avere più speranza, che nasconde la luce, che fa sentire fragili davanti alla forza del male, che genera angoscia nell’anima. Gesù ci invita ad andare da lui. Non ci tratta con paternalismo, con sufficienza o pietismo che ci fa sentire un peso e rende fastidiosa la misericordia. Qualche volta gli uomini con il loro atteggiamento ci fanno sentire davvero insignificanti oppure un peso mal sopportato, fintamente aiutato. “Egli ha occhi che vedono, che si accorgono, perché guardano in profondità, non corrono indifferenti, ma si fermano e accolgono tutto l’uomo, ogni uomo nella sua condizione di salute, senza scartare nessuno, invitando ciascuno ad entrare nella sua vita per fare esperienza di tenerezza”. E sappiamo quanto la condizione di debolezza, la fragilità, richiede tanta tenerezza, sensibilità, cortesia, rispetto e come, al contrario, basta davvero poco per umiliare, per fare apparire tutto inutile, per ratificare l’esclusione che sempre la condizione di malattia porta naturalmente con sé.  Gesù non parla dall’alto della sua condizione di Dio, ma dal basso di quella umana e ci insegna ad essere uomini per davvero e non dei super uomini che si credono onnipotenti e rincorrono un’idea pornografica della vita, illusoria, irreale, di successo, di forza. Oggi ricordiamo tante malattie, da quelle inguaribili e croniche, a quelle così difficili da distinguere come le malattie psichiche, le malattie a tutte le età dall’infanzia a quelle della vecchiaia. Ogni uomo deve essere sempre capito, sia negli ospedali, sia nelle case dove tante persone anziane vivono sole, spesso ammalate e bisognose della visita di una persona che instauri con loro una relazione di fiducia. E la relazione inizia dallo sguardo: guardare e guardarsi con gli occhi di Gesù, e farlo con occhi puri, liberi dalla pagliuzza, gli occhi di Dio cercano il bene, vedono la vita e il valore che ognuno ha sempre, che la malattia non può mai portarci via. Spesso pensiamo: gli altri non sapranno mai chi sono, quello che sono stato, il mio valore vero. L’amore lo sa riconoscere e lo difende. Siamo sempre tutta la nostra storia. Il problema è amare il Signore più di ogni cosa. Quando amiamo ci dimentichiamo degli altri problemi, delle altre passioni; ci si distrae da sé, diventiamo capaci di gesti forti anche nelle difficoltà e testimoniamo la forza del suo amore e il ristoro con cui rivela il suo amore per la nostra vita. Davvero beato l’uomo che è fedele ai suoi insegnamenti e lo cerca con tutto il cuore.

Signore Gesù, aprici gli occhi del cuore perché vediamo le meraviglie della tua legge e le viviamo volentieri perché amati da Te. Indicaci la via e la seguiremo fino alla fine. La tua parola dilati il nostro cuore e lo renda grande perché pieno di Te. Nella sofferenza, Signore, donaci di sentire la consolazione della tua presenza che non si addormenta e non ci lascia soli. Consola le nostre ferite perché sappiamo guarire le ferite degli altri.

16/02/2020
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