BOLOGNA – All’interno della Casa circondariale (Dozza) si accavallano i livelli di allarme e di intervento. Alla pandemia si è aggiunta la rivolta di alcune sezioni e ora, all’opera enorme di ricostruzione, si aggiunge la difficoltà di operare in condizioni di sicurezza.
La furia ingiustificabile dei giorni 9 e 10 marzo ha prodotto una devastazione profonda nel cosiddetto Giudiziario (dove alloggiano in gran parte detenuti in attesa di giudizio definitivo). Le infrastrutture che garantiscono sicurezza e operatività sono andate divelte, scardinate, bruciate. Anche gli ambulatori medici.
È stato ripristinato il minimo essenziale per garantire il necessario vitale (cibo e medicinali), ma in alcune sezioni le persone sono costrette a restare in cella 24 ore al giorno, perché non sono agibili nemmeno i percorsi per “andare all’ora d’aria”. Non tutti possono ancora telefonare, il che rende ancor più pesante l’isolamento imposto dall’impossibilità di intrattenersi a colloquio con i propri familiari.
Tutte le attività sono sospese, a causa della pandemia e dunque per tutte le sezioni, anche per quelle che si sono tenute responsabilmente lontane dalla rivolta. Sospese anche le udienze ordinarie in tribunale.
I detenuti possono incontrare soltanto gli avvocati e solo in alcuni casi. Insegnanti e volontari non sono ammessi. Per ora nemmeno il cappellano.
Nella festa dei papà ho spedito qualche decina di lettere per confermare che ci siamo e non vogliamo abbandonare nessuno. Stiamo organizzando un rubrica radiofonica per tenere aperti i canali di collaborazione e dialogo tra persone detenute e società.
Mentre si costruiscono i muri c’è un immenso bisogno di costruire quanto sarà necessario per valicare quei muri e ricostruire un rapporto umano e di fiducia tra le persone detenute e la società.
Va riconosciuto lo sforzo enorme del personale ad ogni livello; noi vogliamo restare al loro fianco perché ogni intervento non sia lasciato a comprensibili reazioni ferite e sia guidato – per tutti – dagli obiettivi umanizzanti sottoscritti nella Costituzione.
Padre Marcello Mattè,
cappellano alla casa circondariale Dozza di Bologna