BOLOGNA – 40 giorni dopo Natale, la festa della Presentazione del Signore al tempio, resa ancor più solenne dalla coincidenza con la domenica, ha visto riunirsi in cattedrale con l’Arcivescovo un gran numero di religiosi e religiose della diocesi.
“Luce per illuminare i popoli”: così il vecchio Simeone, mosso dallo Spirito Santo cantò lo splendore di quel neonato che veniva portato al tempio dai genitori per compiere il rito del riscatto, prescritto dalla Legge mosaica per il primogenito maschio. La solenne liturgia, durante la quale i religiosi hanno rinnovato davanti al Vescovo i voti della loro consacrazione, è iniziata con il lucernario della candelora, come viene chiamata tradizionalmente la festa: la benedizione delle candele e la breve processione verso l’altare.
La giornata della Vita consacrata ha visto uno accanto all’altro, abiti religiosi differenti, regole, consuetudini di vita, carismi e tradizione spirituali differenti, in ambito femminile, soprattutto, ma anche maschile: una presenza composita che arricchisce, dirà più volte l’Arcivescovo, la presenza della Chiesa bolognese in tanti ambiti, dalla preghiera contemplativa, al servizio educativo, dall’assistenza ai malati al soccorso dei poveri e bisognosi.
La tradizione orientale chiama questa festa “l’incontro”, perché è il primo incontro tra Dio e il nuovo popolo rappresentato dai giovani genitori e dagli anziani profeti; è l’incontro tra l’antica e la nuova alleanza, che trovano nel Bambino Gesù, vero Dio e vero uomo, il loro punto di unione e la luce reciproca con la quale si comprendono. È la festa della fedeltà di Simeone e Anna, premiata dall’incontro con il Messia atteso. È la prima profezia della passione di Cristo, il segno di contraddizione, e della dolorosa partecipazione della Madre Maria al mistero di salvezza, che Dio ha predisposto con la Pasqua del suo Figlio.
Il testo dell’omelia del cardinale
Video-registrazione dell’omelia del Cardinale