L’Arcivescovo ha presieduto in Cattedrale i riti solenni del Triduo Pasquale, che sono stati frequentati da un gran numero di fedeli, per qualcuno superiore a quello prima della pandemia.
Forse è il segno di un forte bisogno di Pasqua, da parte del popolo dei credenti, un popolo che non si limita ad arrivare al mattino di Pasqua, ma che vuole rivivere nella fede anche i momenti che ricordano il tradimento, la passione e la morte del Signore.
Giovedì sera la Messa della Cena del Signore, durante il quale ritorna il rito della lavanda dei piedi che era stato omesso per precauzione sanitaria negli anni passati.
A ricevere la lavanda – spiega il Cardinale all’omelia, i parenti di alcune vittime del Covid e ad alcuni profughi provenienti dall’Ucraina.
“Lavare i piedi – ha detto il Cardinale – significa un amore concreto, non una dichiarazione ma attenzione, gesto, tenerezza, disponibilità, cura. Il pane degli angeli, Corpo di Cristo, nutre la nostra fraternità, ci spinge a donarci e a servire il prossimo. Non è un simbolo, ma una presenza che chiede anche di non ridurre la nostra fraternità e il prossimo ad un simbolo vago e poco esigente, ma un legame vero, affettivo, umano, presente, di vera comunione”.
Nel venerdì santo, in ricordo della morte del Signore, si celebra la cosiddetta Liturgia dei Presantificati: un rito unico nell’anno che non prevede la consacrazione dell’Eucaristia, ma si accede alla comunione con il sacramento consacrato la sera precedente: è un rito antico e suggestivo, aperto con una preghiera silenziosa ai piedi dell’altare e con il lungo racconto della passione secondo Giovanni, seguita da una solenne preghiera universale: tra le intenzioni previste dal rito, nel quale tutta l’umanità viene ricordata per il sacrificio del Signore, si ricorda la guerra in Ucraina e in altre parti del mondo.
Nell’omelia che precede anche il rito della ostensione e della adorazione del Crocifisso il Cardinale ricorda Maria come figura della Chiesa: “Stabat mater”, la Madre stava in piedi. E la Chiesa è una Madre che resta sotto la croce di suo figlio. Restiamo con Maria. Altrimenti non capiamo. Restiamo con lei per imparare l’amore, per avere pietà, per piangere e comprendere la grandezza della sofferenza dei suoi figli, di tutti coloro che sono crocifissi dalla violenza del male e degli uomini”.
Il rito notturno della veglia pasquale, nella notte della risurrezione, inizia suggestivamente con la Cattedrale immersa completamente in un buio rotto solo dal crepitare di un fuoco nuovo.
Il Cardinale lo benedice e benedice con il esso cero pasquale che arderà nel presbiterio per tutti i 50 giorni della Pasqua, fino a Pentecoste.
Progressivamente, dal cero vengono accese la candele dei fedeli. “Come abbiamo acceso le candele di ognuno – ha detto il Cardinale – e comunicando la luce questa non solo non è diminuita ma ha reso tutta questa casa luminosa, straordinariamente bella, così è nel mondo, nelle tante notti della paura, della solitudine, del potere delle tenebre. Non nascondiamo la luce dell’amore di Gesù. Questa luce ha vinto il mondo! Non è poco: è tutto! Non rendiamola mediocre! Non rincorriamo la gloria del mondo”.
Dopo la liturgia della Parola con il vangelo della Risurrezione preceduto dal suono delle campane e dal canto dell’alleluia, l’Arcivescovo ha celebrato il Battesimo di 7 catecumeni adulti, che si era preparati a diventare cristiani soprattutto nell’ultima quaresima.
Con la stessa acqua, il Cardinale ha poi asperso i fedeli a ricordare visivamente come la grazia della risurrezione di Cristo si rinnova per la fede nel cuore dei credenti.
Poi la Cresima, con il dono dello Spirito Santo che consacra definitivamente come cristiani i nuovi battezzati rivestiti dell’abito bianco e la santa Comunione al Corpo del Signore.
Mai come in questa notte la Chiesa si sente Madre, generando a vita nuova i figli di Dio. La gioia dei nuovi discepoli di Cristo viene poi espressa con un affettuoso saluto del Cardinale al termine della celebrazione. Inizia il grande alleluia pasquale che culminerà con le solennità dell’Ascensione e della Pentecoste.
Con il contributo di Antonio Minnicelli