«Prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. Prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita, versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto». È l’ultima sera della vita di Gesù. Il corpo donato e il servizio, sempre dono di sé totale, sacramento dell’eucarestia e sacramento del servizio.
Ecco la pace che Gesù ci dona a Pasqua. Non è facoltativa per i cristiani, ma nutrimento dei figli e dei fratelli. Non è certo la pace del mondo, che crede di ottenerla attraverso la forza, irridendo un amore così. Ma solo l’amore porta la pace. Gesù spezzava se stesso nel pane e nel servizio per una comunità di traditori, presuntuosi, vigliacchi, che rivelano nelle difficoltà di pensare piuttosto a salvare se stessi che a salvare gli altri. Eppure proprio per loro, per noi, per un mondo così, Gesù dona tutto se stesso. Non li allontana, non li denunzia, non si lamenta, non li manda dallo psicologo, non cerca una comunità di puri. Li ama e così li e ci cambia. Pietro si stupisce di un amore così, che proprio il maestro lavi i piedi a lui. Non riesce ad accettare che il Cristo, che lui ha confessato come il solo che aveva parole di vita eterna, sia umiliato e ucciso, anche se dopo, solo dopo, sarebbe risorto. Come può il Cristo perdere e morire? Come può il maestro lavare i piedi al discepolo? È proprio questo lo scandalo che deve imparare, che capirà dolorosamente dopo il tradimento: la vittoria è solo l’amore.
Non ci vergogniamo della nostra debolezza, dello sporco della vita, quella che il giustizialismo sa condannare ma non salvare. Gesù non giudica: ama. Tutti abbiamo bisogno del cibo dei figli, del nutrimento dei fratelli, di essere amati da Gesù, e tutti possiamo spezzare il pane di amore amando. A tutti è chiesto di lavare i piedi al fratello e di prendersi cura di lui.
Gesù compie questi segni consapevole di quello che sarebbe accaduto. Sono il suo testamento. Li amò davvero sino alla fine, non perché ignorava la fine, faceva finta non esistesse, la rimuoveva, ma perché la vita non ha fine se donata. Gesù ha davanti a sé la pandemia del “potere delle tenebre”, quando la sua vita, fragile come quella di tutti gli uomini, viene travolta dalla forza del male, dalla violenza degli uomini, schernita, torturata, umiliata, uccisa. Gli uomini follemente continuano a costruire la loro stessa condanna a morte. Le armi sono sempre quelle croci che inchiodano la vita degli uomini. Siamo travolti dal potere delle tenebre di un mondo violento, che pensa di vincere la violenza con l’indifferenza o con altra violenza.
Le pandemie sono la manifestazione del nemico della vita, il male, il grande ingannatore. Possono isolare, incattivire, rendere più paurosi e aggressivi, far credere che le mura di casa o le frontiere siano protezioni che difendano dal male. Le pandemie possono farci cambiare, renderci consapevoli, farci scegliere quello che risparmia la vita nostra e del prossimo. Ecco la scelta. Gesù ci aiuta a scegliere amandoci e nutrendoci. Ecco la grazia di oggi, di questa Eucarestia, di ogni Eucarestia, salvezza nella notte del mondo perché nutrimento di amore, cibo di vita eterna, presenza che non finisce, senza la quale non possiamo vivere.
L’Eucarestia è tra pochi ma sempre per molti, per tutti. È intorno a Gesù ma ci spinge ad andare vicino ai suoi fratelli più piccoli e al fratello che aspetta il pane dell’amore. Gesù non lascia ai suoi delle indicazioni perché poi se la vedano da soli. Gesù lascia il suo corpo, sicurezza nelle sere della vita che non andrà più via, che resta con noi, che ci prende con sé. Ci chiede, però, di fare come Lui! Per questo è così diverso da un prodotto uso e consumo per individui in cerca di benessere senza mettersi in gioco, che esigono amore ma non amano. Stiamo bene quando siamo amati e quando amiamo. Chi si umilia e innalza il prossimo sarà innalzato assieme al suo prossimo. Iniziamo da coloro che hanno camminato di più e hanno i piedi feriti dalle strade della vita che sono diventate improvvisamente impossibili, pericolose, drammatiche.
Questa sera laverò i piedi a chi è stato colpito dalle due pandemie: i parenti di alcune persone che sono morte a causa del Covid e altri nostri fratelli arrivati a Bologna dall’Ucraina, segnati dalla pandemia della guerra, che ha travolto il loro Paese e le loro famiglie. Lavare i piedi significa un amore concreto, non una dichiarazione ma attenzione, gesto, tenerezza, disponibilità, cura. Possiamo comportarci da sconosciuti con i nostri fratelli, facendo come se non li conoscessimo e non sapessimo che sono i fratelli più piccoli di Gesù? Il pane degli angeli, Corpo di Cristo, nutre la nostra fraternità, ci spinge a donarci e a servire il prossimo. Non è un simbolo, ma una presenza che chiede anche di non ridurre la nostra fraternità e il prossimo ad un simbolo vago e poco esigente, ad una categoria astratta, ma un legame vero, affettivo, umano, presente, di vera comunione.
In un mondo di guerra l’Eucarestia sembra fuori dal mondo. Invece in essa si rivela l’amore di Dio nel presente e nel futuro, che ci apre gli occhi, ci dona la forza per cambiarlo, anticipa il banchetto del cielo. È debole, come Gesù, ma illumina e dona vita. Che i grandi del mondo lo ascoltino e ascoltino il successore di Pietro che ha invocato la tregua per la Santa Pasqua e fermino la mano omicida. In un mondo così, nelle tenebre terribili delle pandemie e nella lotta tra vita e morte, lasciamoci conquistare da un amore così grande e diventiamo uomini e donne di pace. Sì, sorelle e fratelli, commensali di Gesù ci facciamo uomini della pace, che deve iniziare facendoci come Lui servi dei fratelli, chinandoci sulle loro domande, avendo compassione di tutti.
Il mondo ha bisogno di amici di Gesù e di tutti, di commensali che apparecchiano la mensa dell’amore gratuito, di cuori e menti miti e intelligenti, semplici e astute, povere e ricche, deboli e fortissime, libere e serve, amabili e esigenti. Solo così si vince il male e si cambia il mondo. Sacro e umano, l’altezza del cielo e l’abbassamento alla polvere della terra, il Corpo di Cristo e il corpo dei poveri. Contempliamo e adoriamo per aprire gli occhi e andare incontro al prossimo. “Ecco il mistero del Corpo glorioso e del Sangue prezioso che il Re delle nazioni sparse per il riscatto del mondo, sparse il seme della sua parola, pane vero nella sua carne, vino nel suo sangue, e se i sensi vengono meno, la fede basta per rassicurare un cuore sincero e la fede supplisca al difetto dei nostri sensi. Amen”.